Un giorno realizzi che la vita che vivi non ti appartiene, che la donna
che sei diventata non ti somiglia, che lui non è l’uomo con il quale costruire
un futuro felice.
Come fai ad andare avanti? Ti rassegni alla vita che ti sei costruita o
segui la tua vera natura?
Fioly Bocca, nel suo romanzo di esordio Ovunque
tu sarai, ci prende per mano e ci accompagna nel viaggio attraverso il
cuore di una donna. E ci insegna che, in
ogni caso, c’è sempre una via
d’uscita.
Trentatré anni; un lavoro in un’agenzia letteraria che non la soddisfa, non l’appassiona;
una madre malata di cancro; un fidanzato, Tancredi, che la trascura,
completamente assorbito dal suo lavoro: è la vita di Anita, una donna estremamente abitudinaria.
Anita sa
bene di essere intrappolata nella tela ordita dai tanti eventi che lei non ha
mai avuto il coraggio di dominare.
Lo sa, ma non
sa reagire.
Per tanto
tempo vive in un limbo nel quale l’idea di una vita diversa si insinua
lentamente e con insistenza nella sua mente, ma cerca di convincersi che la
cosa migliore sia rassegnarsi ad una vita mediocre, perché si chiama Anita, e “Anita vuol dire graziosa. Graziosa è un
contentino per chi non può avere di più”.
Invece, in
un giorno come tanti, riceve una telefonata di suo padre che la informa del
peggioramento dello stato di salute di sua madre Agnese: è questo il
punto-di-non-ritorno, il momento nel quale la vita di Anita imboccherà il
sentiero della consapevolezza e del coraggio.
Ritorna
nella sua città d’origine, trascorre alcuni giorni con la sua famiglia e sul
treno che la riporta a Torino, mentre è assorta nei suoi pensieri ed è
sopraffatta dal dolore per le condizioni di salute di sua madre, il destino le
mette di fronte due occhi italo-cambogiani che sanno guardarla davvero, che
leggono i sentimenti della sua anima.
Sono gli
occhi di Arun.
Arun è uno
scrittore per bambini dal passato doloroso, un passato che lo ha reso
estremamente sensibile alla sofferenza altrui.
L’incontro tra i due sarà decisivo e aiuterà Anita nella difficile
impresa di ritrovare se stessa.
Un giorno
Arun le dedica queste parole:
“Anita, si può tutto. Liberati dal bagaglio di dolore che non puoi sopportare. Il tuo paracadute è troppo ingombrante, ti intralcia il passo, ti sbilancia. Devi disfartene se vuoi volare. Reclama quello che ti spetta, cammina nella direzione dei tuoi desideri profondi. Scegli tu, sempre. Pure quando sembra impossibile anche soltanto esprimere una preferenza. Decidi la strada per riuscire ogni sera ad addormentarti dentro te stessa. Coltiva l’anima luminosa che si intravede dagli spiragli che lasci aperti e poi lascia fare al vento: se gli parli con voce libera ti saprà portare”.
Le parole di Arun fanno breccia nel suo cuore
ma, ancora una volta, Anita non si concede la possibilità di essere felice e
tronca i rapporti con quel ragazzo straordinario.
Nelle e-mail
che invia ogni sera a sua madre descrive i particolari di una vita felice:
l’imminente matrimonio con Tancredi, l’uomo premuroso che si prende cura di
lei; la gratificazione per un lavoro che la soddisfa; la certezza di un futuro
sereno.
Ma sono
parole amare, perché raccontano menzogne.
La morte di
sua madre sarà l’amputazione più dolorosa della sua esistenza. E sarà proprio
quel dolore che le consentirà di cogliere l’essenza della vita.
Recupererà
il rapporto con Tancredi? O costruirà una nuova vita con Arun?
Non posso
svelarlo, ma vi invito a leggere assolutamente questo piccolo capolavoro!
Ovunque tu
sarai è un inno alla speranza. E’ un romanzo semplice ma d’effetto, che
scaturisce soprattutto dalla scelta minuziosa e particolarmente curata delle
parole. La narrazione è scorrevole e delicata, arricchita da epiloghi di
riflessioni sul futuro al termine di ogni capitolo. Le parole chiave di questo
romanzo sono parole estremamente importanti e profonde: VITA, FAMIGLIA, FUTURO,
SPERANZA. La sua vera forza non sta nella trama, ma nel percorso di crescita
interiore di Anita, nel messaggio di positività che attraverso le sue
riflessioni viene trasmesso ai lettori.
E’ un libro scritto da una donna per le donne. Per
quelle donne, in particolare, che si lasciano vincere dagli eventi,
dimenticandosi di vivere e di rendere onore a quel dono straordinario ed unico
che è la vita.Acquista online.
Fioly Bocca vive sulle colline del Monferrato ed è madre di due figli. Laureata in Lettere all'Università degli Studi di Torino, si è specializzata con un corso in redazione editoriale. Ovunque tu sarai è il suo romanzo d'esordio.












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Charles John Huffam Dickens è stato uno scrittore, giornalista e reporter di viaggio britannico. I nonni paterni erano stati domestici presso famiglie della nobiltà; il nonno materno, colpevole di appropriazione indebita, s’era sottratto all’arresto con la fuga. Nel 1824 il padre, un modesto impiegato con gusti e abitudini superiori alle sue possibilità, fu rinchiuso per debiti nelle carceri londinesi di Marshalsea e il piccolo Charles, interrotti gli studi, venne messo a lavorare per sei mesi in una fabbrica di lucido per scarpe. Questa precoce esperienza di miseria, umiliazione e abbandono (anche dopo la scarcerazione del padre, la madre aveva insistito perché Charles continuasse a lavorare) lo segnò in modo irreparabile. Dopo un’istruzione sommaria, lavorò come commesso in uno studio legale, poi come cronista parlamentare e collaboratore di giornali umoristici. Finché con Il Circolo Pickwick il ventiseienne Dickens diventò di colpo uno scrittore di successo. La sua popolarità aumentò con i romanzi successivi, che uscivano a dispense mensili, con le conferenze, gli spettacoli teatrali da lui organizzati (vi si esibiva anche come attore). Nel 1846 fondò un quotidiano, il «Daily News», che durò meno di un anno; dal 1850 al 1859 diresse il settimanale «Household Words». Innamoratosi della giovanissima Ellen Ternan, nel 1858 Dickens si separò dalla moglie, dalla quale aveva avuto dieci figli; ma la nuova relazione non fu fortunata. Se Dickens ha conosciuto in vita e fino ai giorni nostri una popolarità straordinaria, la sua fortuna critica è stata invece discontinua. La reazione antivittoriana finì spesso per confondere anche l’opera di Dickens tra le tipiche espressioni della società che essa rifiutava. La successiva rivalutazione non è mai stata immune, specie da parte della critica accademica, da riserve più o meno ampie. L’opera di Dickens non è certo esente da difetti, in parte riconducibili al superlavoro cui lo costringevano le ferree scadenze editoriali e il suo bisogno di essere sempre a contatto con il suo pubblico. Eppure, nonostante la mancanza di misura, gli errori di gusto, gli eccessi patetici e moralistici, Dickens è il maggior narratore inglese del suo secolo e tra i massimi di ogni paese. Dickens creò una nuova forma letteraria, il romanzo sociale, nel quale fuse e sviluppò due grandi filoni della narrativa inglese: la tradizione picaresca di Defoe, Fielding e Smollett e quella sentimentale di Goldsmith e Sterne. Egli tuttavia esplorò i generi più diversi, dal racconto di fantasmi a quello poliziesco, dal romanzo umoristico alla satira di costume.











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Disadattata e irrequieta.

